di Roxanne Mitralias
Il vecchio aeroporto di Atene è limitato dal mare e dalla montagna. Contornato dai quartieri residenziali a sud della concentrazione urbana, è stato abbandonato nel 2001 e sostituito da un aeroporto di maggiori dimensioni e completamente nuovo, collocato nella fertile pianura situata a nord della città. Questa area di 623 ettari è stata anche utilizzata per i Giochi Olimpici del 2004. Su questo spazio, oggi circondato da una rete e sorvegliato da agenzie per la sicurezza, si costruiscono ormai da parecchi anni le forme di resistenza e si realizzano le iniziative espresse da una città in crisi.
Elleniko è un grosso affare, come si dice in greco quando si vuole indicare un’area molto appetita. Malgrado ciò, “le installazioni sportive, le case costruite in occasione dei Giochi Olimpici del 2004, e anche dei capannoni costruiti per accogliere delle esposizioni, sono stati espressamente e coscientemente lasciati in stato di abbandono dai governi che si sono succeduti”, deplora Nikos Belavilas, docente emerito di urbanistica alla Scuola Politecnica. I pubblici poteri avevano peraltro promesso che un “parco metropolitano” sarebbe dovuto sorgere in questo immenso terreno incolto.
Le ragioni in favore di questa destinazione non mancano certo: la capitale greca è una città tentacolare che ospita quasi la metà di tutta la popolazione del paese (dai 4 ai 5 milioni di abitanti). È stata costruita a seguito dell’enorme sodo rurale del periodo immediatamente successivo alla guerra. “Atene ha meno spazi verdi per abitante per metro quadro in Europa”, segnala Natassa Tsironi, architetto e militante dell’Iniziativa per un parco metropolitano a Elleniki. Ma, uno dopo l’altro, i diversi governi hanno respinto l’idea di realizzare questo “polmone verde” di Atene, aumentando l’avidità degli immobiliaristi.
Liquidazione dei beni pubblici, ceduti a chi offre di più
Per aumentare le sue entrate, lo Stato greco ha cercato di liberarsi dalle terre di Elleniki: oltre 600 ettari, 480 costruzioni, senza dimenticare la spiaggia, il porto turistico e il patrimonio archeologico che ne fanno parte. E tutto ciò per meno di un miliardo di euro. “L’equivalente della vendita da cento a trecento ville di lusso con vista mare”, fa notare Nikos Belavilas durante un incontro pubblico a favore del parco metropolitano. Ma la vendita del vecchio aeroporto di Atene a Spyros Latsis, il più importante proprietario del paese, con l’intermediazione di una “cassa delle privatizzazioni” che si chiama Taiped, fa parte di un processo di dimensioni molto più grandi. Per rimborsare gli interessi di un debito giudicato illegittimo dalla maggior parte della popolazione greca, (1) La Troika (Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europea) obbliga a vendere il patrimonio pubblico del paese.
”Il governo e gli immobiliaristi sono a favore della realizzazione di una riviera per accogliere i nuovi ricchi di ogni parte del mondo – insorge Panos Totsikas, militante e urbanista – Immaginano delle migliaia di abitazioni private, dei centri commerciali e delle case da gioco, degli alberghi di lusso e dei porti turistici per le barche di lusso”. Questa sorte non è riservata soltanto a Elleniko: ormai oltre sessanta chilometri di costa, da Capo Sounion al porto di Eleusine, sono coinvolti. Secondo Michalis Mbourgos, ingegnere ed ecologista militante, non si può comprendere questo progetto senza collegarlo agli attacchi contro i diritti sociali: “L’obiettivo degli investitori è massimizzare i profitti: senza regolamentazioni e compensazioni ambientali, lo sfruttamento di certe risorse diventa molto conveniente in termini di profitti. E a ciò occorre aggiungere la riduzione del costo di una manodopera fortemente qualificata”.
La resistenza, da Elleniko alla Nostra Signora delle Lande
Secondo coloro che resistono a Elleniko e i quattro comuni limitrofi, che si oppongono a questo progetto, gli argomenti non mancano certo. Essi temono un impatto negativo sulla fragile economia del quartiere, sul mercato immobiliare che potrebbe crollare come è successo in Spagna, e sull’ambiente terrestre e marino già fortemente sconvolti dall’urbanizzazione. Alcuni economisti, preoccupati per le dimensioni del progetto governativo, evocano anche il problema del debito, che rischia di aumentare quando lo Stato dovrà assumersi i colossali investimenti richiesti per la realizzazione di questa riviera ateniese.
Ma per Natassa Tsironi, abitante del luogo, presente alla Nostra Signora delle Lande durante il Foro Europeo dei grandi progetti inutili, non si deve cedere davanti alla propaganda governativa: . “È sempre la stessa storia, che sia a Nostra Signora delle Lande, a Ierisso (luogo di una importante lotta contro delle miniere d’oro nel nord della Grecia) o a Elliniko: ci si presenta la prospettiva del lavoro. Per un po’ di posti di lavori precari, mal pagati e non garantiti, noi dovremmo accettare di distruggere i posti di lavoro già esistenti e di sacrificare dei beni comuni gratuiti e accessibili a tutti… e alla fine non ci resterà niente!”.
Alternative agricole e sociali
Numerose strutture di solidarietà hanno trovato posto in questo spazio immenso. Il dispensario “metropolitano” e la drogheria solidale tentano di soddisfare sia pure in via provvisoria i bisogni sanitari e alimentari di una popolazione sempre più povera. Un po’ più lontano, si scopre un oliveto che comprende più di 2.000 alberi piantati e innaffiati con il sostegno dl Comune, dei cittadini e delle scuole dei comuni limitrofi. “L’obiettivo è di occupare il terreno con attività di altro tipo, e di coinvolgere gli abitanti del luogo – spiega Panos Totsikas – Si spera di poter ricominciare a piantare degli alberi, ma ci manca della terra, mentre le agenzie della sicurezza ci mettono i bastoni tra le ruote”.
Il “Giardino autogestito di Elleniko” che si scopre nelle vicinanze di una vecchia base militare statunitense, ha delle ambizioni ancora maggiori. “Noi abbiamo deciso di occupare le terre e di attribuire loro delle nuove funzioni. Coltivarle per ritrovare le nostre radici contadine. E inoltre introdurre una maggiore autonomia economica e alimentare nella vita cittadina, nel quadro dell’economia sociale e solidale”, spiega Kostas, che lavora nell’orto quasi tutti i giorni. L’esperienza è emozionante: spingendo la porta di ingresso, ci si trova dentro un piccolo paradiso di legumi. “Qui noi lavoriamo senza utilizzare semi ibridi, in pratica facciamo degli esperimenti! I pomodori vengono dall’Attica, è una varietà locale, molto buona e produttiva”.
Su questo vecchio terreno incolto di 2.500 metri quadri, le diverse varietà e specie coltivate sono vicine alla flora selvatica e ai calcinacci: aglio selvatico, erbe aromatiche, carote e melanzane, fagiolini e qualche pianta di granturco. Sperimentare metodi alternativi, “è normale, ciò fa parte dello stesso progetto politico. Realizziamo una agroecologia, si sperimentano la pacciamatura e le varietà locali, senza fertilizzanti e senza pesticidi”, dice Panagiota Maltezou, portavoce dell’orto autogestito e di formazione agronomo.
Creare uno spazio verde, luogo di incontro e di creatività
Coltivare la terra anche in città, sembra essere un rompicapo. Curare degli animali per avere un buon concime naturale, trovare delle sementi e delle piante affidabili, installare delle arnie… “E’ necessario che qualcuno se ne occupi tutti i giorni, confessa Kostas. Ma fare il “contadino senza terra e senza sbocchi“ non è tra i suoi progetti, malgrado i suoi tre anni da disoccupato. La situazione è diventata molto complicata, in un paese dove la formazione e l’assistenza agricola sono in via di disintegrazione, dove il governo orienta i nuovi contadini verso dei progetti che non hanno un futuro e dove i circuiti di prossimità sono ancora poco affidabili.
In un ultimo sforzo diretto a convincere i pubblici poteri, il collettivo degli abitanti della zona ha commissionato a un laboratorio di ricerca della Scuola Politecnica uno studio per valutare la fattibilità del “parco metropolitano”. Con un costo per investimenti molto contenuto, finanziato dai redditi provenienti da alcune installazioni esistenti, il parco metropolitano potrebbe avviare le sue attività immediatamente, e nel giro di dieci o venti anni potrebbe funzionare a regime.
L’idea generale: conservare e migliorare le istallazioni esistenti e creare dei musei, dei teatri, degli spazi per l’arte e dei centri di formazione e di ricerca, valorizzando gli edifici amministrativi e gli impianti sportivi già esistenti. Naturalmente, l’obiettivo è aumentare gli spazi verdi alberati e di accogliere delle coltivazioni privilegiando le varietà locali e rinunciando a qualunque nuova costruzione. In effetti a Elleniko ci sono già costruzioni per 400.000 metri quadri. Il parco, a ingresso gratuito, diventerebbe un luogo di incontro e dovrebbe attirare molte migliaia di visitatori. Durante una giornata di presentazione di questo progetto, tutti i presenti confessavano con molta tristezza che la sola cosa che impediva la realizzazione del parco era la mancanza di una volontà politica. Oggi i resistenti devono ormai affrontare un nuovo problema: la società immobiliare greca Lambda Development ha appena acquistato un terzo della superfice di Elleniko e la totalità delle azioni della società di gestione.
Note
(1) Contratti per pagare le spese in rapida crescita, dei sottomarini invecchiati o, più semplicemente, per coprire la mancanza di entrate derivanti dalle innumerevoli evasioni o esoneri fiscali ….
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Questo reportage – traduzione di Alberto Castagnola per Comune-info – è stato pubblicato da bastamag.net (titolo originale Athènes: l’ancien aéroport transformé en un champ d’expérimentations alternatives), sito francese di informazione indipendente attento ai temi sociali e ambientali. Perché quel nome? “basta!” è una chiamata che “crea resistenza”, spiegano gli autori di questo spazio web nato nel 2008 e diventato un luogo importante di incontro tra cittadini e movimenti.
http://comune-info.net/2014/05/atene/